La
società pakistana è fortemente patriarcale: molte donne conducono una vita
ancora tradizionale e quindi hanno poche possibilità, a parte la speranza e il
desiderio, di poter intraprendere la carriera professionale. Le statistiche
rivelano che solo il 14% delle donne ha frequentato le scuole e gli ultimi dati
denunciano come su 15 dei 75 distretti del paese, solo l'1% delle donne sappia
leggere e scrivere.
Nelle
famiglie di tradizione
musulmana, superata l’età della pubertà, le donne osservano il purdah, sono
cioè tenute lontane da qualsiasi uomo al di fuori della famiglia e quando si
incontrano degli sconosciuti, alla donna è consigliato di non incrociare gli
sguardi, di mantenere una conversazione formale e di non avventurarsi in lunghi
discorsi.
Se la
famiglia può permettersi di fare
a meno che lavorino, stanno sempre in casa. Quando escono sono velate (spesso
coperte dalla testa ai piedi dal burqah,
il costume tradizionale). Quando si sposa la donna entra nella famiglia del
marito; a lei tocca anche portare una cospicua dote, che può significare
indebitamento a vita per l’intera sua famiglia (motivo per cui le donne sono
meno gradite dei maschi).
Il Pakistan
presenta uno tra i più bassi rapporti numerici tra maschi e femmine, il che
sembra indicare la diffusione delle pratiche di abbandono e a volte di
infanticidio delle femmine: nelle aree più degradate del paese, la nascita di
una bambina viene ancora considerata una "disgrazia", anche perché la
povertà dell’alimentazione infantile ovviamente la condanna più facilmente di
un maschio alla morte prematura. Generalmente una donna si sposa a 14 anni e
porta avanti diverse gravidanze complete. I tentativi delle organizzazioni
nazionali e internazionali di diffondere la conoscenza e la pratica dei
contraccettivi nell’ambiente femminile si sono scontrati con la concezione
tradizionale del ruolo della donna nella famiglia, fortemente radicata sia in
città che in campagna.
Il Corano
ribadisce il diritto delle donne all’educazione e alla indipendenza economica,
alla proprietà e all'eredità individuale separatamente dal consorte; la
legislazione pakistana accoglie molti contributi della legge islamica, ma le
consuetudini e le tradizioni della comunità locale tendono a prevalere sul
diritto, limitandone gli spazi. Ad esempio presso i Pathan le donne non possono
possedere o ereditare case e terreni, come non è richiesto il loro consenso
alla domanda di matrimonio, e non possono decidere alcunché sulla casa che
condivideranno con il marito, né chiedere il divorzio per qualunque motivo.
Nel Beluchistan
e nella Provincia
di Frontiera del Nordovest, è rarissimo incontrare delle donne per strada e
quelle che vi si avventurano indossano rigorosamente la burqah oppure il
chaddar (Un velo che si avvolge intorno alla testa e al corpo e lascia visibili
solo gli occhi). La segregazione è meno diffusa nelle campagne, dove le donne
lavorano come gli uomini nei campi, svolgendo il 75% del lavoro agricolo del
paese.
Dopo
l’indipendenza, i diritti delle donne
sono aumentati gradualmente, ma sono stati repressi durante la
dittatura del generale Zia.
Tenendo
conto del persistente tradizionalismo e del sistema
educativo che si fonda su di esso (penalizzando fortemente le donne), è
sorprendente vedere quante di esse siano comunque riuscite a farsi strada al
vertice della carriera medica, legale o universitaria e detengano posizioni di
rilievo, come il primo ministro Benazir
Bhutto.
Nei
centri urbani moderni, il benessere economico e sociale ha garantito la libertà
dai condizionamenti della tradizione. A Karachi,
Islamabad
e Lahore
le donne degli ambienti acculturati e d'élite sono solite uscire in strada
senza velo e usano vestire all'occidentale in casa. Esistono associazioni per i
diritti delle donne, che si concentrano, però, principalmente nelle aree urbane
e che hanno avuto finora un impatto limitato
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