Roma conquista la Grecia Nel 148-146
a.C. Roma inizia la conquista della Grecia nel 27 a.C. diventa provincia
romana. Sono passati mille anni dalle
vicende dell’Iliade e dell’Odissea, Roma ha esteso i suoi domini ed è diventata
una grande potenza economica e politica. Roma si lascia conquistare dalla
evoluta e raffinata cultura greca, dalla sua letteratura e dalla sua arte
Le caratteristiche dell’epica
latina. Mentre i classici greci hanno le loro radici nella tradizione
orale, l’epica latina nasce in un contesto culturale in cui la scrittura è
molto diffusa e chi compone versi sa che essi verranno letti e non soltanto
recitati
Il disegno politico di Augusto.
Siamo nel I secolo a.C., a Roma, Ottaviano Augusto ha posto fine alle
guerre civili, ha rafforzato il rispetto di alcuni valori tradizionali, ma ha
anche consolidato il proprio potere, modificando le precedenti istituzioni
repubblicane e assumendo il titolo di imperatore 23 a.C.. Il suo è un disegno
politico grandioso che ha bisogno di appoggio anche da parte del mondo
culturale. L’imperatore deve apparire come l’uomo voluto dal destino,
discendente da una famiglia da sempre votata a grandi gesta.
Le virtù del popolo romano.La
città di Roma deve essere riscattata dalle sue origini umili e oscure, così come
ha da essere esaltata la grandezza del popolo romano, riposta in alcune
semplici e fondamentali virtù: l’attaccamento alla famiglia e alla patria e un
elevato senso del proprio dovere, che va compiuto al di là di ogni sacrificio.
Un poema epico celebrativo Augusto
chiede perciò al poeta mantovano Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.), a cui è legato da un
rapporto di intima amicizia, di comporre un’opera in cui siano rispecchiati
tutti i valori della civiltà romana. Virgilio predilige cantare il mondo della
natura e non ama trattare le gesta di grandi eroi. Tuttavia accetta il compito
di co0mporrre un poema epico e celebrativo perché apprezza sinceramente
l’operato di augusto e crede nelle sue capacità di assicurare una situazione di
pace universale e duratura. L’Eneide ha lo scopo di celebrare le personalità e
gli eventi storici che hanno contribuito a rendere Roma una grande potenza
Un’antica leggenda Nell’affrontare
la propria materia narrativa, Virgilio prende spunto da una materia
preesistente, che vuole Roma fondata dai discendenti della nobile civiltà
troiana, in seguito al trasferimento nel Lazio di un gruppo di esuli guidati da
Enea.
Il figlio dell’eroe troiano,
Iulo, sarà il capostipite della famiglia Giulia, che vanterà tra i suoi
discendenti Giulio Cesare e lo stesso Ottaviano Augusto
Il modello omerico Nel
comporre il proprio poema, Virgilio ha sicuramente tenuto presente i modelli
greci: dei dodici libri che compongono l’Eneide, sei ricalcano in qualche modo
l’Odissea, con il racconto delle peregrinazioni di Enea per i mari, mentre gli
altri sei narrano la lotta sostenuta dai Troiani al loro arrivo nel Lazio e si
ricollegano idealmente all’Iliade. Il legame con i poemi omerici è pero
solamente formale, perché l’opera del poeta latino trae ispirazione da
sentimenti diversi e da altre
convinzioni
Una nuova immagine dell’eroe Particolarmente
significativa è, a questo riguardo, le figura del protagonista Enea, ormai
lontano dagli eroi dell’Iliade, agitati dalle loro violente passioni, ma anche
dall’Ulisse dell’odissea a cui è apparentemente legato da un comune destino di
peregrinazioni per i mari. In Enea non vi è curiosità, sete di conoscenza,
esaltazione nell’affermare la propria intelligenza e il proprio valore. L’eroe
di Virgilio è più malinconico e pensoso, staccato dalle passioni, interamente
assorbito dal proprio compito di portare a termine una missione voluta dal
destino. Sa navigare e combattere, ma la sua virtù specifica è la pietas, un
sentimento che per i romani significava devozione religiosa, rispetto della
famiglia e degli antenati, accettazione del dovere, tolleranza e umanità verso
i deboli e i vinti, e soprattutto la
capacità di anteporre il bene collettivo ai propri desideri.. L’epiteto con cui
il poeta definisce Enea è pius (pio). Enea è un eroe del fato, è un antieroe:
no sceglie di seguire i propri desideri in nome di una volontà superiore,
contro cui non deve e non vuole combattere.
Gli dei della casa Nella
civiltà latina il legame fra parenti era molto importante, tanto da essere
regolato dalle leggi dello Stato e dalla pratica religiosa; le religione
infatti, assegnava un posto speciale alle divinità che proteggevano la famiglia
e la comunità: i Penati, i Lari e la Vesta.
La leggenda voleva che fosse stato proprio Enea a introdurre
il culto dei più eminenti fra questi dei, i Penati, portandone con sé le
statuette votive durante la fuga da Troia. Vesta. A Roma la dea
protettrice della casa, del focolare domestico e della patria, era considerata
una divinità molto importante. Il culto di Vesta a cui si dedicavano le
vestali, consisteva principalmente nel conservare sempre acceso il fuoco sacro
che bruciava nel tempio dedicato alla dea. I Lari. Nel culto romano, i
Lari erano le anime dei defunti che rimanevano legate alla casa in cui avevano
vissuto, proteggendola; venivano loro dedicate statuette votive, che li
rappresentavano come adolescenti che reggono nella mano un corno
dell’abbondanza. Esse non venivano più mosse: quando la famiglia lasciava la
casa, infatti, mentre portava con sé i simulacri dei Penati, abbandonava quelli
dei Lari. Dopo i banchetti era usanza riporre gli avanzi in piccoli piatti, affinché
i lari potessero cibarsene.
I Penati. Erano divinità che i Romani consideravano
protettrici della famiglia, alla quale assicuravano benessere e prosperità, le
loro statue che li raffiguravano come due giovani seduti, erano custodite in un
armadio riposto nei “penetrali”, cioè nella parte più interna della casa. Anche
lo stato considerato come una sorte di grande famiglia, costituita dai
cittadini, aveva i suoi penati, dapprima conservati nel tempio di Vesta, in
seguito posti in un tempio proprio.