giovedì 8 novembre 2012

LA PRODUZIONE IN PROSA DEL DUECENTO





La prosa in volgare si affermò più tardi della poesia, sicuramente perché la poesia veniva cantata o recitata ed era comprensibile per tutti, la prosa invece aveva bisogno di lettori cioè di persone di cultura, ma le persone istruite conoscevano bene il latino. La prosa volgare nasce nella metà del ‘200, quando nei comuni italiani la borghesia sente l’esigenza, anche per necessità pratiche, di possedere una cultura.
Così da un’esigenza pratica si passò rapidamente a una ricca produzione letteraria. Abbondante è la produzione in prosa del Duecento che, come quella in versi, è spesso in lingua latina o francese. Lo stesso "Milione" di Marco Polo, forse l'opera più famosa di quel tempo, fu dal famoso esploratore dettata in lingua d'oil al compagno di prigionia Rustichello da Pisa; e sempre in prosa francese fu composto il "Trésor", specie di enciclopedia, da Brunetto Latini (maestro di Dante), autore pure dell'opera prosaica, benché in versi settenari a rima baciata, il "Tesoretto",in cui svolge questioni dottrinali sulla creazione, sulla natura degli angeli, degli uomini, degli animali, ecc.
Sempre di natura didattica sono le numerose raccolte in volgare di sentenze e aneddoti, ma non mancano opere storiche o romanzesche o narrative come il "Libro dei sette savi" e il "Novellino".Tra le prose originali del Duecento si deve ricordate il “Novellino". Si compone di cento brevi racconti scelti durante il Trecento da una più vasta raccolta composta da un anonimo o più autori fiorentini del Duecento. Dal libro si evince che l'autore dové essere dotato di discreta cultura, di sana moralità, di profonda conoscenza dell'animo umano, di buona capacità espressiva, anche se il suo stile appare disadorno, eccessivamente essenziale, e la sua sintassi oltremodo elementare. Le fonti del "Novellino" sono le più varie, alcune riconoscibili (la Bibbia, Valerio Massimo, il "De civitate Dei" di Sant'Agostino), altre no; ma gli spunti sono sempre rielaborati in maniera personalissima. L’intento dell’autore è quello di offrire modelli di vita e di comportamento. Il maggior pregio è la lingua schiettamente toscana.

Marco Polo nasce a Venezia nel 1254 da una famiglia di mercanti e viaggiatori. Intorno al 12BO il padre e lo zio attraversano l'Asia cen­trale e giungono fino all'Estremo Oriente, alla corte dell'imperatore dei Mongoli Kublai Khan, che li tratta con cortesia e rispetto. Ritornati a Venezia, nel 1271 ripartono per l'Oriente accompagnati dal giovane Marco: il ragazzo viene accolto benevolmente dal Khan, che gli affida numerose missioni diplomatiche, consentendogli di entrare in diretto contatto con regioni sconosciute e nuove civiltà. Dopo diciassette anni trascorsi al servizio di Ku­blai Khan, nel 1295 Marco Polo fa ritorno a Ve­nezia, dove riprende l'attività di mercante. Partecipa alla guerra tra Genova e Venezia ma viene catturato nel corso della battaglia di Curzola (1298); durante l'anno trascorso in pri­gionia detta a Rustichello da Pisa il racconto dei suoi viaggi. Muore a Venezia nel 1324.
       Inizialmente, come già detto, il racconto dei viaggi di Marco Polo è scritto nella lingua d'oil, parlata nella Francia settentrionale e diffusa in Europa quasi quan­to il latino, e ha come titolo Divisament dou monde (Descrizione del mondo).
In seguito allo straordinario successo ottenuto, l'opera viene tradot­ta in volgare toscano e intitolata  libro delle meraviglie del mondo; il titolo  Milione, con cui noi la conosciamo, deriva dalla storpiatura del soprannome Emilione con cui era nota la famiglia di Marco Polo. Il Milione è una straordinaria rassegna di Paesi e di popoli asiatici tra cui spicca la dettagliata descrizione della Cina settentrionale (Catai) e meridionale, del popolo mongolo e del loro re Kublai Khan. Lo scopo dell'autore è suscitare la meraviglia del lettore, mostrandogli le "gran diversitadi delle genti' e allargando le conoscenze dell'epoca attraverso la descrizione di paesaggi esotici, usi e costumi curiosi, di­verse forme di vita sociale e familiare, credenze e superstizioni. I destinatari del libro sono tutte le persone che desiderano "sapere", e principalmente il ceto mercantile, che trova nel volume nuovi sti­moli culturali, oltre a consigli e indicazioni per la pratica del commercio. La novità dell'opera sta nel fatto che, rispetto ai resoconti di viaggio medievali, Polo basa la sua narrazione sulla verifica dei fatti e sul prin­cipio di osservazione diretta, distinguendo tra ciò che ha visto per­sonalmente e ciò che gli è stato riferito da altri.


lunedì 5 novembre 2012

cari lettori

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S'i fosse fuoco

S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;


s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.


S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.


Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

LA LIRICA COMICO REALISTICA





Si sviluppa in Toscana nella prima metà del trecento, contemporaneamente al Dolce Stil Novo. È una poesia particolare, definita giocosa e burlesca.
I temi cui si ispira la poesia comico-realistica, nettamente contrapposta a quelli spirituali del Dolce Stil Novo, sono:
1.      l’amore inteso come attrazione fisica, ardente, appassionato e sensuale;
2.      la donna come creatura terrena, non la donna angelo degli stilnovisti;
3.      l’esaltazione del denaro, del gioco, del bere, del divertimento e del piacere;
4.      l’aggressione verbale espressa in modo satirico e spesso offensivo;
5.      il bisogno costante di denaro e il lamento contro la povertà e i fastidi della vita.
Le caratteristiche comuni ai poeti che appartengono a questa corrente non sono molte, quella più importante riguarda il tono e lo stile: questi poeti rinnegano la lirica alta e tragica e trattano di argomenti modesti, legati alle cose quotidiane e di conseguenza adoperano ( come voleva il principio medioevale della congruenza tra tema e stile ) un lessico ed una sintassi vicini a quelli della lingua parlata. È infatti poesia comica in senso medioevale, una lirica mediocre sia negli argomenti che nei mezzi espressivi. Questi poeti fanno precise scelte stilistiche, come l’uso dell’ingiuria e il gusto per la parola forte e violenta, per l’aggressività verbale. Ma questi poeti non erano per niente inferiori agli altri, avevano semplicemente scelto di raccontare questi temi. I poeti comico-realistici sono espressione di un mondo nuovo e in continua evoluzione, il mondo mercantile della nascente società comunale  toscana e la rispecchiano rappresentandone la realtà quotidiana in tutti i suoi aspetti, persino quello politico.

Cecco Angiolieri  nacque a Siena intorno al 1260 e morì forse nel 1312, era di nobile famiglia. Fece una vita molto scapestrata e fu una delle personalità più forti del primo trecento.  Cecco è un uomo colto che fa la caricatura alla raffinata poesia stilnovista, nei suoi oltre 100 sonetti celebra i piaceri della vita. Il suo linguaggio è acceso e quasi plebeo, suscita meraviglia e poi magari si risolve in una battuta. La sua donna Becchina è il contrario di Beatrice.
La poesia di Cecco è destinata all’ascolto ed è scritta per fare colpo sull’ascoltatore. La poesia celebra:
la voglia di godersi la vita,
il desiderio di dominare il mondo,
il risentimento del poeta,
il gusto per la battuta,
la visione della donna come essere terreno e desiderabile,
l’aggressività verbale.
La strofa finale è la battuta risolutiva per dimostrare che il fine della poesia è solo comico: in una sola risata annulla le minacce fatte. Il poeta mostra una rabbia nei confronti di tutto e di tutti , la sua rabbia violenta è pronta a risolversi in una sghignazzata finale.
E’ un sonetto, rime: quartine incrociata (ABBA ABBA) terzine alternata (CDC DCD).