lunedì 19 marzo 2012

ORIGINI E INSEGNAMENTI DELLA FAVOLA



Come è nata la favola?Come per tanti altri generi letterari, non sappiamo esattamente come e perché sia nata la favola. Forse Esopo, primo scrittore di favo­le, voleva insegnare le virtù ai bambi­ni, e pensò di interessarli con storie che avessero come protagonisti degli animali. Questi, infatti, sono molto spesso i beniamini dei più piccoli e so­no figure simpatiche e divertenti. Nell'antica Grecia, comunque, le fa­vole venivano usate nelle scuole per insegnare ai giovani la morale. Circa sei secoli dopo, l'altro grande scrittore di favole, il latino Fedro, ne spiegò la nascita in un modo molto interessante. Ecco la sua ipotesi.
 «Ora dirò brevemente come sia nato il genere della favola: gente sottomes­sa e schiava, non osando dire quello che avrebbe voluto, trasformò i suoi pensieri in favolette.      Fingendo di scherzare, evitò la con­danna. Io poi trasformai questo truc­co in un'arte... E se qualcuno, sospettoso, erronea­mente riferirà a sé quel che io dirò in generale, stolto, farà capire d'essere colpevole. Vorrei però ugualmente scusarmi con lui: non ho intenzione di indicare sin­gole persone ma mostrare la vita com'è e i comportamenti umani».
Quindi gli scrittori di favole, secondo Fedro, erano uomini senza potere (schiavi o poveri) che, per paura di es­sere puniti, rappresentavano sotto for­ma di animali le persone potenti, di cui volevano denunciare i vizi e le mal­vagità. In questo modo la critica di­ventava più nascosta. Nello stesso tem­po era possibile per chiunque ricono­scere i personaggi che si celavano dietro agli animali: le favole, infatti, utilizzavano un linguaggio semplice e universale.                 
Le favole hanno sempre un lieto fine?
Come abbiamo visto, le favole esalta­no le virtù e condannano i vizi, anche se non è detto che per i personaggi (gli animali) buoni e generosi ci sia sem­pre un lieto fine. Le favole rispecchiano si­tuazioni reali e, come accade nella realtà, non sempre hanno un lieto fi­ne. Bisogna leggerle con attenzione per comprendere l'insegnamento che contengono: l'aggressività, l'ingrati­tudine, la prepotenza, possono anche, in alcuni casi, prevalere sui buoni senti­menti, ma non vengono mai propo­ste come modelli da imitare.

AUTORI DI FAVOLE

La favola come genere letterario nacque in Oriente, probabilmente in Mesopotamia, dove se ne sono trovati esempi in testi numerici dell’inizio del secondo millennio a.C. e in testi assiro-babilonesi; ed è proprio a questi testi che si suppone si siano rifatti i primi favolisti greci.

La favola assunse, poi, i suoi caratteri tipici intorno al VI secolo a.C. con il greco Esopo, dal quale successivamente trasse spunto la favolistica latina grazie ad autori quali Fedro, Ennio,Lucilio e Orazio.

Nei secoli successivi si ebbero altre raccolte di favole ma solo nel Medio Evo la tradizione favolistica ebbe grande fortuna. Fu nuovamente trascurata nel Quattrocento per essere poi ripresa da Leopardo e,  nel Cinquecento, da autori quali il Firenzuola e l’Ariosto mentre nel Seicento fu più apprezzata in Francia che altrove, grazie anche all’opera di Jean de La Fontane.

Jean de La Fontaine nacque in Francia nel 1621. Di origini bor­ghesi, conquistò la benevolenza dei nobili parigini come autore di commedie, poemi e racconti. La sua grande fama è dovuta so­prattutto alle Favole, attraverso cui rappresentò i vizi degli uomini in generale e i capricci degli aristo­cratici in particolare. La sua opera letteraria fu tanto apprezzata che nel 1683 fu elet­to membro dell'Accademia Fran­cese (un’importante istituzione, sorta, nel l634; e ancora esisten­te, della quale fanno parte i mag­giori letterati francesi, sempre in numero di quaranta). Morì nel 1695.

Il genere della favola fu molto utilizzato nel Settecento, per i suoi intenti educativi, mentre ebbe meno fortuna nell’Ottocento romantico che le preferì la fiaba per il senso di misterioso e fantastico. Di questo periodo bisogna ricordare Tolstoj. Lev Tolstoj era nato nel 1828 a Jasnaja Poljana in Russia, dal matrimonio tra un conte e una principes­sa, rimase orfano a soli nove anni. Insieme con altri cinque fratelli, ere­ditò vasti possedimenti terrieri, dove lavorava­no in condizioni di se­mi-schiavitù moltissimi contadini. Dopo alcuni anni passati nell'eserci­to, abbandonò la car­riera militare e ritornò alle sue terre, dove offrì la libertà ai contadini. Questi, però, sospettan­do che si trattasse di un  tranello, rifiutarono l'offerta. Tolstoj, invece, era sinceramente preoccupato di migliorare le condizioni di vita dei più poveri. Così, dopo lunghi viaggi in Europa, tornò a Jasnaja Poljana e, nel 1859, aprì una scuola per i figli dei contadini.In questa scuola Tolstoj non voleva solamente insegnare a leggere e a scrivere, ma anche impartire un'educazione morale ai gio­vani. A questo scopo egli, già au­tore di grandi romanzi come i fa­mosi Guerra e Pace e Anna Karenina, scrisse anche numerose favole che servivano all'educazione dei suoi allievi. La scuola di Jasnaja Polja­na divenne un centro di fama in­ternazionale, dove si recavano da tutto il mondo scrittori, scienzia­ti, giovani e uomini comuni inte­ressati a conoscere il metodo edu­cativo del grande scrittore russo. Tolstoj trascorse gli ultimi anni della sua vita peregrinando per la Russia in cerca della serenità e del­la pace interiore. Il 7 novembre del 1910 morì povero e lontano da casa. Il suo funerale vide una grande e commossa partecipa­zione popolare.

Nel nostro secolo, infine, la favola è stata rivalutata da scrittori moderni quali Trilussa, Pratesi, Moravia, Malerba, Rodari e tanti altri che, pur rifacendosi alle favole tradizionali, hanno rivestito le loro narrazioni di attualità, ispirandosi agli aspetti e ai problemi della società attuale. Le favole moderne presentano in genere un intreccio più complesso di quello delle favole tradizionali, un testo più lungo, una maggiore ricchezza di personaggi; non più soltanto animali o piante, ma anche esseri umani e, infine, la mancanza per lo più della finalità didascalica 


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