lunedì 19 marzo 2012

LE ORIGINI DELLA FIABA


La parola fiaba (dal latino fabula) significa narrazione e ci riporta a storie di origine antichissima e misteriosa. Le fiabe, che a prima vista possono sembra­re racconti semplici e quasi infantili, in realtà tramandano un patrimonio di saggezza e di conoscenze comuni a popoli anche lontani fra loro e profonda­mente diversi. Questi racconti meravigliosi sarebbero quindi l'espressione di una cultura che accomuna popoli anche molto diversi tra loro, quasi che la fantasia e i desideri dell'uomo si esprimano in maniera «simile» in ogni luogo e in ogni tempo. Forse proprio per queste somiglianze, le fiabe, anche di epoche e culture lontane da noi, con­tinuano ad affascinarci e a sorprenderci.
Gli studiosi hanno cercato di capire quale origine possano avere le fiabe, a quale esigenza, comune a tutti gli uomini, esse rispondano.   Una teoria particolarmente affascinante è quella elaborata dallo studioso russo Vladimir PROPP (1895-1970) che ha individuato un legame tra la fiaba ed i riti di passaggio delle società primitive di cacciatori.  In età preistorica questi riti simboleggiavano il passaggio dall'infanzia all'età adulta attraverso il superamento di alcune prove, proprio come accade ai protagonisti delle fiabe. Consideriamo ad esempio la par­tenza dell'eroe con cui solitamente iniziano le fiabe. Secondo Propp, questa funzione corrisponde pres­so i popoli primitivi allontanamento dei giovani dalla tribù durante il ri­to dell'iniziazione. Che cos'è l'iniziazione? È uno dei momenti più importanti all'inter­no della vita delle tribù primitive e ancor oggi si svolge presso alcune tribù isolate del continente africa­no e sud-americano. Il rito si celebra al sopraggiungere dell'adolescenza. Con esso i giova­ni di sesso maschile vengono intro­dotti nella comunità, di cui diven­gono membri effettivi; da quel mo­mento in poi possono anche sposarsi. Durante un periodo più o meno lungo i giovani vengono allontana­ti dai genitori e devono dimostrare di poter cavarsela da soli all'inter­no della foresta, saper fuggire i pe­ricoli ed essere in grado di soddi­sfare i propri bisogni. Questo allon­tanamento, presso alcune popolazioni, prende la forma simbolica di un «rapimento» ad opera dello stre­gone del villaggio, travestito da ser­pente. Al momento della partenza il giovane viene accompagnato dai consigli degli anziani oppure da di­vieti particolari. Al giovane che sta per diventare un vero uomo vengono affidati dei com­piti, che servono a dimostrare il suo coraggio agli occhi della tribù. Il giovane, prima di entrare nella foresta, invoca gli spiriti che la abi­tano e porta con sé piccoli amuleti o totem, che raffigurano solitamente degli animali i quali hanno la fun­zione di proteggerlo durante la sua impresa. Durante l'iniziazione si ritiene che il fanciullo muoia alla vita «vecchia» per rinascere come uomo nuovo. Subisce insomma la «morte tem­poranea» che viene simboleggiata attraverso un seppellimento o ad­dirittura delle mutilazioni, come il taglio di un dito. I riti, celebrati nel folto della foresta, erano circondati dal più fitto mistero.  Spesso ai ragazzi, condotti singolarmente in un luogo rituale, (al centro della foresta c'è di solito una capanna, la grande casa dove si svolgono i riti di iniziazione: per en­trarvi bisogna conoscere una for­mula, uno scongiuro, oppure com­piere sacrifici e gesti particolari; la capanna e la foresta sono i sim­boli del regno dell'oltretomba e chi vi abita, lo stregone, ne è il custode) venivano presentate situazioni pericolose o che incutevano paura; esperti stregoni somministravano loro sostanze speciali, con l'aiuto delle quali gli iniziati vive­vano esperienze di conoscenza di sé, dei propri limiti, delle proprie effettive capacità nella resistenza al dolore. Dopo il superamento delle prove, in cui aveva dimo­strato coraggio, tenacia e capacità di sopravvivere da solo, il ragazzo tornava al villaggio «trasformato»: era diventato adulto e aveva il diritto di sposarsi. Il rito spiega dunque come comportarsi, in che cosa credere, come chiedere l'aiuto di un'entità misteriosa o divina. Superando le prove del rito, il giovane viene ac­colto nella comunità e incomincia a partecipare attivamente alla vita sociale del villaggio e della tribù. Anche nelle fiabe classiche il bosco è di solito un luogo misterioso e pieno di pericoli, l'eroe deve superare difficili prove e spesso subisce una trasforma­zione che gli consente di sposare la giovane per cui ha lottato. Con il mutamento della società e delle abitudini di vita, questi riti non vennero più celebrati, ma ne restarono il ricordo e la narrazione. Sarebbe proprio questa, secondo Propp, la radice antichissima non solo delle più antiche forme di teatro, ma anche dei miti e delle fiabe stesse.
Un altro studioso, Bruno BETTELHEIM (1903-1992), uno psichiatra austriaco vissuto negli Stati Uniti, ha individuato nel mondo delle fiabe uno specchio delle difficoltà psicologiche che ogni essere umano deve affrontare per cre­scere, diventare se stesso, affrontare problemi e dolori. Le fiabe ci comunicano, dice Bettelheim, «che una lotta contro le gravi difficoltà della vita è inevitabile, è una parte dell'esistenza umana e che soltanto chi non si ritrae intimorito, ma affronta risolutamente difficoltà inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine riuscire vittorioso. Le fiabe ci pongono di fronte ai principali problemi umani.» 
Questo spiegherebbe anche il fascino e l'attrazione che le fiabe esercitano sui bambini di tutto il mondo.   Nelle fiabe essi vedono raffigurati fantasticamente i loro problemi, le paure, la difficoltà di diventare grandi. 
LE FUNZIONI DI PROPP
Vladimir Propp,  ha confron­tato molte fiabe e ha scoperto che in tutte è presente un numero limita­to di motivi o temi fissi. Sussistono cioè personaggi o situazioni che esercitano nel racconto funzioni precise. Queste sono l'impalcatura, la struttura di fondo su cui viene poi costruita tutta la storia e inoltre si susseguono in modo quasi sempre identico all'interno di fiabe anche molto di­verse. Non in ogni fiaba, comunque, sono presenti tutte le funzio­ni: talvolta ne compaiono solo alcune.
 Cominciamo dai personaggi-tipo: Propp ne ha identificati sette.
1. L'eroe: il protagonista della fiaba.  2. Il falso-eroe: il personaggio che si sostituisce all'eroe per ottene­re favori o riconoscimenti immediati. 3. L'antagonista: il nemico del protagonista, il «cattivo» che osta­cola l'eroe. 4. Il donatore: il personaggio che fornisce all'eroe i mezzi magici per vincere l'antagonista. 5. L'aiutante: il personaggio che aiuta l'eroe in diverse circostanze. 6. Il mandante: il personaggio che manda l'eroe alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. 7. Il ricercato: il personaggio che deve essere raggiunto, liberato, salvato.
Questi personaggi tipo non sono necessariamente tutti presenti in ogni fiaba, ma soprattutto i più importanti, come l'eroe, l'antago­nista o il ricercato, possono essere ritrovati in moltissimi racconti.
Ecco ora uno schema delle situazioni ricorrenti (funzioni) identifi­cate da Propp.
1.Allontanamento (uno dei mEmbri della famiglia si allontana, oppure muore). 2. Divieto (si proibisce qualcosa all'eroe oppure gli si impone un ordine). 3. Infrazione (la proibizione viene infranta). 4. Investigazione (l'antagonista cerca di scoprire qualcosa o cerca informazioni sull'eroe). 5. Delazione (l'antagonista svela un segreto).     6. Tranello (l'antagonista cerca di ingannare l'eroe).
7. Connivenza-complicità (l'eroe cade nell'inganno e favorisce in­volontariamente l'antagonista). 8.Danneggiamento(l'antagonista provoca una sciagura o un danno a uno dei membri della famiglia; manca qualcosa  o viene il desiderio di qualcosa). 9. Mediazione (la sciagura o la mancanza sono rese note; all'eroe viene imposto un compito difficile; ci si rivolge a lui con una pre­ghiera o un ordine, lo si invia in qualche luogo). 10. Consenso dell'eroe. 11. Partenza dell'eroe. 12. Prova a cui è sottoposto l'eroe. 13. Reazione dell'eroe. 14. Fornitura del mezzo magico. 15. Trasferimento dell'eroe. 16. Lotta tra eroe e antagonista. 17. Marchiatura (l'eroe viene marchiato o reso riconoscibile con un segno sul corpo). 18. Vittoria sull'antagonista. 19. Rimozione della sciagura o mancanza iniziale.   20. Ritorno dell'eroe.  21. Persecuzione dell'eroe.     22. Salvataggio dell'eroe.
23. Arrivo in incognito a casa dell'eroe. 24. Pretese infondate del falso eroe. 25. Compito difficile imposto all'eroe. 26. Adempimento del compito. 27. Riconoscimento dell'eroe. 28. Smasche-ramento del falso eroe o dell'antagonista. 29. Trasfigurazione dell'eroe (l'eroe appare trasformato).
30. Punizione dell'antagonista. 31. Nozze dell'eroe o lieto fine.
          IL TEMPO E LO SPAZIO
| Una caratteristica costante della fiaba è la mancanza di indicazioni precise in relazione al tempo e allo spazio. Il tempo, infatti, in cui si svolgono le vicende è sempre indefinito, im­precisato.
Le formule consuete «C'era una volta...», «Tanti, tanti anni fa...», «Nei I tempi antichi...», «Una volta.;.», che rimandano a un passato lontano, vago, indeterminato, rendono ancor più misteriose e fantastiche le  vicende narrate e consentono al lettore di proiettarsi in un «tempo che non ha tempo» e di dare largo spazio alla propria immaginazione. La durata stessa delle vicende è spesso generica: potrebbero durare poche ore, come tanti giorni o tanti anni. Anche i luoghi delle fiabe sono generalmente presentati con povertà descrittiva, anch'essi risultano indeterminati, perché ciò che più inte­ressa nella fiaba sono le vicende e i personaggi. Questa indeterminatezza, imprecisione, indefinitezza contribuisce a creare un'atmosfera misteriosa, magica, fantastica.

IL LINGUAGGIO

Il linguaggio della fiaba è caratterizzato dalla presenza di:
• espressioni tipiche del linguaggio orale, quotidiano, informale.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che le fiabe erano racconti tra­smessi oralmente da una generazione all'altra.
• formule fisse iniziali e finali. (Ad esempio: «C'era una volta...», «... e vissero felici e contenti»)
• elementi ricorrenti che si ripetono sempre uguali, facili da tenere a memoria. (Ad esempio: formule magiche, filastrocche senza senso...)
• dialoghi frequenti che vivacizzano la narrazione.
• utilizzo di voci verbali coniugate al modo indicativo e al tempo imperfetto (usato più frequentemente in quanto è quello che esprime meglio l'idea di una azione passata, ma indefinita, non del tutto compiuta) passato remoto   (usato soprattutto per indicare azioni passate ac­cadute in momenti ben precisi) presente   (usato nei dialoghi).

     FIABE DELLA TRADIZIONE E FIABE D’AUTORE
 I primi scrittori-raccoglitori risalgono al Seicento.
• In Italia Giambattista BASILE (1575-1632) scrisse in dialetto napoletano cinquanta fiabe tradizionali nel suo Lo cunto de li cunti o Pentamerone.
• In Francia, sempre nel 1600, Charles PERRAULT (1628-1703) interpretò fiabe già esistenti scrivendo I racconti di Mamma l'Oca, tra cui sono famose: Cappuccetto rosso, II gatto con gli stivali, Cenerentola, La bella addormentata nel bosco.
• Un secolo dopo, nel 1700, si diffusero in Europa le famose fiabe de Le mille e una notte, una raccolta provenien­te dal mondo arabo, di cui conoscerai la storia di Aladino e quella di Ali Babà e i quaranta ladroni.
• Solo nel 1800, però, vi fu una diffusione straordi­naria dell'interesse per la fiaba e per la cultura popolare: fiorirono così raccolte di fiabe tradizionali in moltissimi Paesi.
• In Germania i più famosi scrittori di fiabe sono, stati Clemens BRENTANO (1778-1842) e i fratelli GRIMM, Jakob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859), che raccolsero un gran numero di fiabe della tradi­zione tedesca, tra cui  Hansel e Gretel, Pollicino o Raperonzolo.
• In Italia, Giuseppe  PITRÉ (1841-1916) studiò e raccolse le fiabe della Sicilia.
• Ai giorni nostri Italo CALVINO (1923-1985) ha racchiuso nel libro Fiabe italiane, del 1956,il suo paziente lavoro di ricerca e trascrizione delle fiabe scritte nei vari dialetti regionali del nostro Paese.
Molti scrittori si sono cimentati con il genere «fiaba», creando storie che naturalmente si ispirava­no alla tradizione, ma che avevano trame originali e personaggi inventati. Tra i più importanti ricordiamo il danese Hans Christian ANDERSEN (1805-1875), autore tra l'altro di II brutto anatroccolo, I cigni selvatici, La principessa, sul pisello; il siciliano Luigi CAPUANA (1839-1915); la to­scana Emma FE­RODI (1850-1918); l'irlandese Oscar WILDE (1854-1900).

2 commenti:

  1. Grazie mille per questo post. Sto scrivendo una tesi sulla fiaba, e l'argomento è talmente vasto che non sapevo nemmeno da dove iniziare. È anche grazie a te se sono riuscita a trovare delle linee-guida in modo da sbloccare il groviglio che avevo in testa. Grazie ancora!

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