sabato 17 marzo 2012
Odissea
Guida alla lettura, analisi e commento di una poesia.
ARGOMENTO
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La filastrocca
Sul tuo quaderno: 1. definisci la filastrocca. 2. spiega quali sono le caratteristiche della filastrocca 3. esponi qual è l’origine delle filastrocche. 4 indica quali sono le filastrocche d’autore e perché vengono scritte.
Copia sul quaderno la filastrocca e gli esercizi
1. Filastrocca corta e matta
Filastrocca corta corta,
il porto vuol sposare la porta,
la viola studia il violino,
il mulo dice: - Mio figlio è il mulino;
la mela dice: - Mio nonno è il melone;
il matto vuol essere un mattone,
e il più matto della terra
sapete che vuole?
Vuol fare la guerra!
· Quale punteggiatura c'è alla fine di ogni riga? Scrivilo sul quaderno.
Prima riga:................ Seconda riga............... Terza riga.......................... Quarta riga......................... Quinta riga.................... Sesta riga................: Settima riga................... Ottava riga..........................
· Tralasciando la prima riga, scomponi la filastrocca in frasi di senso compiuto. Vai a capo solo quando la frase è finita.
· In quali righe sei andato a capo in modo diverso dall’autore?
· Ricopia sul quaderno solo l’affermazione giusta:
Le frasi che compongono la filastrocca continuano sulla stessa riga finché la riga non è finita
Le frasi che compongono la filastrocca vanno a capo anche se c'è ancora spazio sulla stessa riga
II verso
In base agli esercizi precedenti hai capito che in poesia non si va a capo quando la frase è finita, ma secondo le necessità del componimento, che non sempre coincidono con quelle della grammatica. Le righe di testo, in poesia, si chiamano versi (dal latino vertere = volgere, tornare) e ogni verso ha una certa lunghezza, determinata dal numero di sillabe che lo compongono. Attenzione: il conto delle sillabe, in poesia, segue regole particolari. Una di queste, ad esempio, stabilisce che la vocale finale di una parola forma una sola sillaba con la vocale iniziale della parola seguente (es. studia il violino si sillaba così: stu/dìail/vio/li/no).
· Abbiamo diviso in sillabe alcuni versi della filastrocca. Continua tu sul quaderno.
a) Fi/la/stroc/ca/cor/ta/cor/ta
b) il/por/to,
e) la/vio/la/stu/diail/vio/li/no
d) Il/mu/lo/di/ce/Mio/fì/glioèil/mu/li/no
e) la/me/la
f) il/mat/to
g) eil/più/mat/to/del/la/ter/ra
h) sa/pe/te/che/
· Come si chiamano in poesia le righe di testo?
· Da che cosa si capisce che l’autore non ama la guerra?
· Perché l’autore dice nel titolo che questa filastrocca è matta?
· L’autore pensa che chi vuole fare la guerra sia matto. Condividi questo suo pensiero? Esprimi la tua riflessione in merito.
· Quali sono a tuo avviso i motivi che spingono gli uomini a fare la guerra?
Copia sul quaderno la filastrocca e gli esercizi
2. Domani è domenica
Domani è domenica
tagliamo la testa a Menica,
Menica non c’è,
tagliamo la testa al re.
Il re è malato,
la tagliamo al soldato.
Il soldato fa la guerra,
pancia all’aria schiena in terra.
· Nei primi due versi della filastrocca ci sono tre parole che si assomigliano. Quali?
· Delle tre parole che hai scritto nell’esercizio precedente, una contiene tutte le lettere che formano le altre due. Quale?
· Quale parola si ottiene cancellando solo due lettere?
Quale si ottiene spostando una lettera e cancellandone altre due?
· Scrivi sul quaderno le parole finali dei versi e collega con un segno quelle che terminano con un gruppo di lettere uguali. Segui l’esempio
Domenica
Menica
Riguarda quanto hai appena scritto e metti una lettera alla fine di ogni riga ( A, B, C), dove a suono uguale corrisponde lettera uguale. Ad esempio:
Domenica A
Menica A
La rima
Come hai notato negli esercizi che hai appena eseguito, i versi possono terminare con parole che hanno le ultime lettere uguali: questa identità di suono si chiama rima, ed è un tratto caratteristico della poesia. La rima, infatti, serve a creare un ritmo, una cadenza particolare nel testo, ed è possibile costruire schemi di rime diversi. Quella che tu hai rilevato nella filastrocca, abbinando lettera uguale a suono uguale (AA BB CC ecc.), viene definita rimo baciata, in quanto rimano tra loro, a due a due, i versi vicini (primo e secondo, terzo e quarto e così via).
Copia sul quaderno la filastrocca e gli esercizi
3. L'omino della gru
Filastrocca di sotto in su
per l'omino della gru.
Sotto terra va il minatore,
dov'è buio a tutte l'ore;
lo spazzino va nel tombino,
sulla terra sta il contadino,
in cima ai pali l’elettricista
gode già una bella vista,
Il muratore va sui tetti
e vede tutti piccoletti...
ma più in alto, lassù lassù,
c'è l'omino della gru:
cielo a sinistra, cielo a destra,
e non gli gira mai la testa.
Le strofe
Nella filastrocca ogni due versi c'è uno spazio bianco, così che i versi risultano raggruppati a due a due. In poesia i gruppi di versi riuniti tra loro si chiamano: Strofe. Le strofe possono essere composte da più versi (due, tre, quattro, ecc.) e prendono il nome dalla quantità di versi che le costituiscono. Distico: due versi. Terzina: tre versi. Quartina: quattro versi.
· Nella filastrocca quante strofe troviamo e come si chiama questo tipo di strofa?
· Cos’è la rima e a cosa serve?
· Cos’è la strofa?
Copia sul quaderno le filastrocche e gli esercizi
4. C'era una volta Cecco Rivolta
C'era una volta
Cecco Rivolta.
Rivoltando i maccheroni,
se la fece nei calzoni.
La sua mamma lo picchiò,
il povero Cecco si ammalò.
S'ammalò di malattia,
povero Cecco, lo portano via,
lo portano via con la barella,
voglion portarlo sottoterra.
Sottoterra c'eran le scale,
povero Cecco, si fece del male,
perché sull'ultimo scalino,
cadde e si ruppe il mignolino.
La struttura: rima baciata, rima alternata e quasi rima
Nella filastrocca le rime sono disposte lungo il componimento in modi diversi. A volte i versi in rima sono uno di seguito all'altro (volta/rivolta, maccheroni/calzoni); in questo caso si ha la rima baciata AABB. Altre volte il primo verso rima con il terzo, il secondo con il quarto, in questo caso si ha la rima alternata ABAB. Ci sono però anche versi che non finiscono con una vera e propria rima, ma solo con suoni simili. Si chiamano assonanze quelle in cui cambiano le consonanti e rimangono uguali le vocali (mare/male/pane), consonanze quelle in cui cambiano le vocali e rimangono uguali le consonanti (male/mela/ mulo)per semplificare chiameremo i suoni simili quasi rime.
• Segna le rime e le quasi rime della filastrocca con le lettere dell'alfabeto. • Hai trovato quasi rime? In quali versi?
• Spiega cosa si intende per: rima baciata, rima alternata, assonanza e consonanza
5. Il grillo e la formica
Stava lo grillo in un campo di lino;
la formicuzza gliene chiese un filino.
Disse lo grillo: - Che cosa ne vuoi fare?
- Calze e camicie; mi voglio maritare.
Disse lo grillo: - Lo sposo sono io.
La formicuzza: - Contenta sono anch’io.
Quando lo grillo fu per dar l’anello,
cascò in terra e si ruppe il cervello.
La formicuzza andò di là dal mare,
cercar l’unguento pel grillo medicare.
Quando fu già là vicino al mare
Venne la nova che il grillo stava male.
Quando fu già là vicino al porto,
venne la nova che ‘l grillo gli era morto.
La formicuzza andò sul bastimento,
pel grillo morto fe’ questo lamento:
Povero grillo! avea sì bel bocchino
gli stava bene in bocca il sigarino.
Povero grillo avea sì bella gamba,
gli stava bene la calza rossa e gialla.
Povero grillo! avea sì bel piedino,
gli stava bene in piè lo stivalino.
1. Nella filastrocca viene usato il discorso diretto per riportare le parole dei due protagonisti. Sottolinea in rosso le parole del grillo e in blu quelle della formica. 2. Quante strofe compongono la filastrocca? Di quanti versi è composta ogni strofa? 3. Indica il tipo di rime presenti nella filastrocca. 4. Sottolinea, se sono presenti, le rime baciate in rosso , le rima alternate in blu, le quasi rime in nero.
PER RIASSUMERE: Il verso è l’insieme di parole contenute in una riga di una filastrocca o di una poesia. Ogni riga può variare di volta in volta come lunghezza. Le parole che formano il verso sono, a loro volta, formate da sillabe: sono proprio le sillabe che costituiscono l’unità di misura di un verso. A seconda del numero di sillabe, infatti il verso prende un nome diverso: ternario (composto di tre sillabe); quarternario (composto di quattro sillabe); quinario (composto di cinque sillabe); senario (composto di sei sillabe); settenario (composto di sette sillabe); ottonario (composto di otto sillabe); novenario (composto di nove sillabe); decasillabo (composto di dieci sillabe); endecasillabo (composto di undici sillabe). Nelle poesie, spesso, i versi sono disposti a gruppi, nei quali il numero dei versi stessi può variare. Ogni gruppo di versi prende il nome di strofa.
I versi possono essere legati tra loro dalla rima, ossia dalla ripetizione di suoni uguali in due o più parole a fine verso. La rima può essere:
• baciata, quando rimano fra loro le parole finali di due versi consecutivi. In questo caso le rime si indicano con lo schema metrico AA, BB, CC, ecc.
• alternata, quando il primo verso rima con il terzo e il secondo con il quarto. In questo caso le rime si indicano con lo schema metrico ABAB
• incrociata quando il primo verso rima con il quarto e il secondo con il terzo. In questo caso le rime si indicano con lo schema metrico ABBA. I poeti, spesso, ottengono un effetto simile alla rima con l'assonanza e la consonanza. Nell'assonanza le sillabe finali di due parole presentano vocali uguali, ma consonanti differenti. Nella consonanza, invece, sono uguali le consonanti e diverse le vocali.
· Prendendo lo spunto da C’era una volta Cecco Rivolta, inventa la storia di un bambino che viene sempre punito perché sbaglia a fare le cose, ma alla fine si prende una rivincita.
· Rileggi la filastrocca del grillo e la formica e inventa un finale diverso alla storia partendo dal momento dell’incidente.
· Ti suggeriamo adesso una serie di parole in rima fra loro. Prova a comporre tu delle brevi e divertenti filastrocche, servendoti del maggior numero delle parole indicate: bambino pianino; minestra finestra; scodella padella; marmellata serenata; Pinocchio ginocchio; canzone persone; dente incidente.
La starna
Stanca stasera cala la starna sopra la panca scruta la Marna,
poco starnazza, molto starnuta
la strana, scarna, starna canuta.
La zanzara
"Buona zera!" mi dice la zanzara strofinando le zampe allo zerbino,
"ho tanta zete!" e, zaffete! mi azzanna
come zitella che scocchi un bacino.
L’assiolo
Se il castello è raso al suolo
su di un sasso mi consolo
all'assolo dell'assiolo
L'allitterazione nelle filastrocche
II poeta con le parole crea una musica.
Nella poesia le parole si rincorrono attraverso i suoni. Quando uno stesso suono o suoni simili si ripetono all'inizio o all'interno di due o più parole vicine, si ha l'allitterazione, come nella frase: Dopodomani Dario dovrà darci indietro i due dadi del gioco dell'oca. Il poeta toti scialoja ha scritto molte filastrocche che fanno un grande uso dell'allitterazione e che sono diventate famose perché offrono tante immagini indimenticabili.
Come vengono costruite filastrocche del genere?
Proviamo a capirlo utilizzando un testo di Scialoja.
Il corvo
Ho visto un corvo sorvolare Orvieto
Volava assorto, né triste né lieto.
L'autore ha scelto un animale: il corvo e una località: Orvieto che contiene parte della parola corvo è della parola lieto.
Osserva tutti i possibili suoni simili che si ripetono:
a. visto corvo sorvolare Orvieto volava
b. visto triste
e. corvo sorvolare Orvieto (e anche assorto)
d. sorvolare volava
e. Orvieto lieto
f. visto Orvieto assorto lieto
Ce ne sono altri, anche singoli? Qual è la vocale che ricorre più frequentemente?
Leggi un'altra filastrocca di scialoja.
La biscia
Una biscia, a Brescia, lascia
Il tempo che trova;
se attraversa sulle strisce
nessuno la approva.
· Osserva come è stata costruita e quali suoni si ripetono nella filastrocca di Scialoja.
L’autore ha scelto un animale:……………………………….
e una località: …………………………………………………
I suoni che si ripetono sono:………………………………….
· Costruisci una breve filastrocca che abbia per protagonista una civetta o un topo o l'animale che preferisci; inserisci anche tu nel testo qualche allitterazione. Segui lo schema di Scialoja.
Animale
Località
Suoni che si ripetono
Titolo
Testo
Il limerick
C'era un vecchio di Livorno
C'era un vecchio di Livorno
Che mangiava ragni arrosto con contorno;
Li prendeva con tè pane e burro
Sulla riva del mare verdazzurro,
Quel romantico vecchio di Livorno.
C'era una signorina di Licarsi
C'era una signorina di Licarsi
La cui chioma tendeva ad arricciarsi
S'arricciò su pei rami di fico
E per tutto l'oceano infinito
Quell'invadente signorina di Licarsi.
C'era un vecchio di Forlì
C'era un vecchio di Forlì
Che aveva un grosso bove e lo smarrì;
Ma dissero: «Non vedi ch'è salito
Sulla cima di quel fico,
O irritante vecchio di Forlì?»
C'era un vecchio di Dronero
C'era un vecchio di Dronero
Che leggeva con un piede in aria Omero;
Quando dal crampo si sentì trafitto
Saltò giù dalla rupe a capofitto,
II che finì quel vecchio di Dronero.
Edward Lear, Il libro dei Nonsense
Il dottore di Ferrara
Una volta un dottore di Ferrara
voleva levare le tonsille a una zanzara.
Ma il furbissimo insetto
si nascose nel colletto
del tonsillifico dottore di Ferrara.
Il dottor Cirillo
Un dottore di nome Cirillo
voleva fare un'iniezione a uno spillo.
Lo spillo si arrabbiò
e il naso bucherellò
a quel siringoso dottor Cirillo.
II dottor Benedetto
C'era un bravo dottore di nome Benedetto
che voleva far dire trentatré a un galletto.
Fece il gallo, lì per lì,
trentatré volte chicchirichì...
Così diventò sordo il dottor Benedetto.
Tre dottori di Saronno
Tre dottori di Saronno
sbadigliavano per il sonno.
Disse il primo: - Io dormirò –
Disse il secondo: - Io russerò –
Perché il terzo non parlò?
G. Rodari, Le filastrocche del cavallo parlante
Questi brevi testi in rima potrebbero sembrarti delle filastrocche, ma si tratta invece di NONSENSE, ovvero di testi che, come dice la stessa parola inglese — nonsense —sono assolutamente privi di senso logico.
Se le filastrocche, oltre ad essere divertenti per i loro giochi di parole, hanno anche scopi precisi ed individuabili, i nonsense hanno l'unico scopo di divertire i lettori con una successione di parole e frasi accostate le une alle altre seguendo semplicemente il filo dell'assurdo (nonsenso = assurdo). A determinare la particolare comicità dei nonsense è il fatto che il loro assurdo contenuto è presentato con grande serietà di tono, come se si trattasse di fatti del tutto normali, ragionevoli e coerenti: narrano assurdità come se fossero le cose più normali del mondo; ciò che conta sono solo la rima e il ritmo.
I nonsense furono creati, verso la metà dell'Ottocento, da uno scrittore inglese, Edward Lear (1812-1888), il quale pubblicò "A book of Nonsenso" (Un libro di nonsense) da lui stesso illustrato, riscuotendo un successo che ancora oggi perdura. Questi componimenti vengono chiamati anche "limerick" dal nome dell'omonima città irlandese, la parola viene usata come sinonimo di filastrocca assurda e senza senso in ricordo di un’antica canzoncina infantile, un tempo pare molto nota, che cominciava così: “vuoi venire a limerick?”. Se rileggi adesso i nonsense di Lear che ti abbiamo presentato in apertura, potrai coglierne lo spirito tipicamente inglese di questo tipo di testo: presentare un comportamento assurdo ed illogico come se fosse qualcosa di ovvio e banale.
La struttura del nonsense
I nonsense si presentano con delle caratteristiche fisse, facilmente individuabili: la maggior parte di essi inizia con l'espressione "C'era" che introduce il personaggio (in genere un vecchio, una signorina, un signore, una ragazza, un giovane...), cui segue l'indicazione della città o del paese di provenienza; il secondo verso descrive azioni o caratteristiche, naturalmente assurde, del personaggio che vengono ulteriormente chiarite nei due versi successivi con una perfetta "coerenza" rispetto a quanto detto precedentemente; l'ultimo verso, infine, si riferisce sempre al personaggio presentato in apertura che viene ulteriormente caratterizzato, di solito con un aggettivo. Un'altra caratteristica dei nonsense è il numero fisso dei versi (cinque) e la presenza della rima, che si ripete con una determinata successione: il primo verso rima con il secondo e con il quinto, mentre il terzo rima con il quarto (AABBA).
· Nei limerick di Rodari che hai letto vi sono alcune parole che non si trovano nel dizionario. Inventa anche tu qualche parola buffa del genere e usala per descrivere una persona di tua conoscenza
· Prova tu a fare un limerick ispirandoti a un tuo compagno o a un tuo insegnante.
La mia sera
NOTE
SPERANZA
Si guardò attorno come cercando conferme, conforto, aiuto. Possibile che tutte le persone che entravano e uscivano dal negozio non avevano notato nulla? Ma poi era così sicura di quello che aveva udito? Trattenne il respiro, ascoltò… Era un pianto… pianto umano… di bimbo.
Cosa fare? Mettersi a rovistare in quei cartoni? Chiedere aiuto?Passò un ragazzino in bicicletta : “Mi fai un favore?” “Dite signò!” “Vieni con me, stammi vicino… guardiamo cosa c’è”
“Signò io devo andà….” Con la punta della scarpa provò a muovere i cartoni… capì che nascondevano una vecchia valigia di tela, chiusa da una cerniera. Si avvicinò, la toccò col piede, la spinse. Riprese quel gemito, sempre più stizzito e chiaro: era di un neonato. Un cucciolo d’uomo! Un bambino…. Ebbe paura, si sentì mancare, mormorò parole di stizza. “Ma chi ce l’ha messo? Brutti irresponsabili! E che faccio ora?”L’istinto era di scappare…. “E se muore?” Sarebbe stata complice di quell’orribile omicidio? Una macchia rosso scuro sulla tela della borsa la fece trasalire…. “E’ un neonato davvero! E sta male.. sta sanguinando…”
“Aiuto… Aiutatemiiiiiii” L’urlo isterico richiamò l’attenzione della gente: accorsero in tanti, qualcuno chiamò i carabinieri e la guardia giurata che sorvegliava una banca nei paraggi sfidò la paura di tutti e andò ad aprire quella borsa dei misteri. Il pianto si fece più chiaro e rauco… “O mio Dio è una bambina… ma chi diavolo t’ha messa qui dentro? Accidenti a quella disgraziata che t’ha partorito….” Era una bimba scura e insanguinata, raggrinzita e affamata….
La vide passare tra le braccia di un carabiniere e scoppiò in un pianto dirotto…
“Ma lei è una parente?” chiese qualcuno “No! Io passavo… io l’ho sentita gemere…Io non so nulla”. Piangeva a dirotto. Presero dell’acqua e la fecero sedere nel negozio… “Devo andare… grazie..scusate…scusate…” Corse via trascinandosi dietro lo sguardo severo di molti che ormai la credevano complice di quel tentato omicidio…“Ma come si può? –pensava- Ma chi ha avuto il coraggio di chiudere quella cerniera? Ma come si può?… Come si può?”Ripensava ai suoi gemelli… curati e amati e coccolati…. Ma il pianto disperato di quella creatura infelice le era entrato nel cuore… Avrebbe voluto dimenticare ma ne parò la Tv, ne scrissero i giornali, se ne discusse in casa e nel quartiere. Quando la vide nello schermo, che ciucciava tranquilla fra le braccia di un’infermiera non potè fare a meno di piangere. Era bellissima: una mulatta di due chili e duecento…ma con problemi di respirazione… superabili… forse. Pregò per lei, pregò per la madre che l’aveva messa al mondo e…per se stessa, per avere la forza di dimenticare.
Guardava i gemelli ridere e scherzare ma la felicità piena di qualche giorno prima si tramutava in una punta di dolore e…sospirava… e correva a stringerli per appagare quella sensazione di timore e di apprensione. Il quarto giorno lo disse al marito: “Sento sempre quel rantolo, quel pianto soffocato… e poi la vedo…nuda e insanguinata che esce da quella borsa… Cosa posso fare per dimenticarla?” “Ma non è colpa tua! Anzi! L’importante è che sia ancora viva. Qualcuno l’adotterà e si prenderà cura di lei”. Ma il suo dolore non si placava. Chiese aiuto al suo medico, poi ad uno specialista. “Lei l’hai salvata –le dissero entrambi- se la creaturina vive ancora è solo grazie a lei!” Poi la sognò, se la strinse al cuore e ne sentì il calore.
Aveva lo stesso profumo dei gemelli, la stessa purezza, la stessa freschezza e bellezza di quando Sandro e Stefano le sorridevano… Due bimbi felici, i suoi… ma come poteva esserlo ancora la loro mamma senza sentirsi egoista e irresponsabile? “Non l’hai abbandonata tu –disse un giorno il marito- tu l’hai solamente ritrovata, l’hai salvata…” Ma perché ritrovarla e salvarla per…abbandonarla di nuovo? Si vestì in fretta e corse all’ospedale, spiegò tutto alla caposala e finalmente la rivide. “L’abbiamo chiamata Speranza” dissero le infermiere mentre lei non smetteva di guardarla fra le lacrime. “La prenda in braccio, l’accarezzi…”
Nella tutina rosa a fiorellini Speranza, paffutella e graziosissima, sembrava davvero una bambolina color caramello. Dev’essere indiana o bengalese” disse qualcuno mentre la bimba si stiracchiava sorniona fra le braccia della sua nuova mamma. Qualche mese dopo, guardandola dormire nella culletta accanto ai lettini dei gemelli rimase colpita dalla strana somiglianza di quei tre cuccioletti che adorava. Ad occhi chiusi sembravano davvero fratelli: Sandro e Stefano coi loro riccioli biondi e la carnagione lattea e Speranza con la pelle color cuoio ed i capelli neri come l’inchiostro…
giovedì 15 marzo 2012
il cuore più bello
Il cuore più bello.
C'era una volta un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone: diceva di avere il cuore più bello del mondo, o quantomeno della vallata. Tutti quanti glielo ammiravano: era davvero perfetto, senza alcun minimo difetto. Erano tutti concordi nell'ammettere che quello era proprio il cuore più bello che avessero mai visto in vita loro, e più lo dicevano, più il giovane s'insuperbiva e si vantava di quel suo cuore meraviglioso. All' improvviso spuntò fuori dal nulla un vecchio, che emergendo dalla folla disse: "Beh, a dire il vero... il tuo cuore è molto meno bello del mio." Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti: della folla e del ragazzo. Certo, quel cuore batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici. C'erano zone dalle quali erano stati asportati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene, così il cuore risultava tutto bitorzoluto. Per giunta, era pieno di grossi buchi dove mancavano interi pezzi. Così tutti quanti osservavano il vecchio, colmi di perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suo cuore fosse bello. Il giovane guardò com'era ridotto quel vecchio e scoppiò a ridere: "Stai scherzando!"- disse. "Confronta il tuo cuore col mio: il mio è perfetto, mentre il tuo è un rattoppo di ferite e lacrime." "E' vero!", ammise il vecchio. "Il tuo ha un aspetto assolutamente perfetto, ma non farei mai cambio col mio. Vedi, ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato il mio amore: ho staccato un pezzo del mio cuore e gliel'ho dato, e spesso ho ricevuto in cambio un pezzo del loro cuore a colmare il vuoto lasciato nel mio cuore. Ma, certo, ciò che dai non è mai esattamente uguale a ciò che ricevi e così ho qualche bitorzolo, a cui però sono affezionato: ciascuno mi ricorda l'amore che ho condiviso!
Altre volte invece ho dato via pezzi del mio cuore a persone che non mi hanno corrisposto: questo ti spiega le voragini. Amare è rischioso, certo, ma per quanto dolorose siano queste voragini che rimangono aperte nel mio cuore, mi ricordano sempre l'amore che ho provato anche per queste persone...e chissà, forse un giorno ritorneranno e magari colmeranno lo spazio che ho riservato per loro. Comprendi, adesso, che cosa significa avere il cuore più bello del mondo? Il giovane era rimasto senza parole e lacrime copiose gli rigavano il volto.
Prese un pezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio, e gliel'offrì con le mani che tremavano. Il vecchio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi prese un pezzo del suo vecchio cuore rattoppato e con esso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane.
Ci entrava, ma non combaciava perfettamente, faceva un piccolo bitorzolo.
Poi il vecchio aggiunse: "Se la nota musicale dicesse:" Non è la nota che fa la musica..."Non ci sarebbero le sinfonie. Se la parola dicesse: "Non è una parola che può fare una pagina..."Non ci sarebbero i libri. Se la pietra dicesse: "Non è una pietra che può alzare un muro..."Non ci sarebbero case. "Se la goccia d'acqua dicesse: "Non è una goccia d'acqua che può fare un fiume..."Non ci sarebbero gli oceani". Se l'uomo dicesse: "Non è un gesto d'amore che può rendere felici e cambiare il destino del mondo..."Non ci sarebbero mai né giustizia, né pace, né felicità sulla terra degli uomini". Dopo aver ascoltato, il giovane guardò il suo cuore, che non era più "il cuore più bello del mondo", eppure lo trovava più meraviglioso che mai: perché l'amore del vecchio ora scorreva dentro di lui.