sabato 17 marzo 2012

SPERANZA


Pazzamente felice. Così si sentiva ogni volta che guardava i suoi bambini che riposavano tranquilli nei rispettivi lettini. Due gemelli: la sua gioia. Le sofferenze provate nel metterli al mondo erano state ampiamente ripagate dalla serenità che quei visetti birichini le regalavano ogni giorno e ogni ora e ogni minuto della sua vita. Angeli scesi per lei dal cielo lontano, fiorellini profumati e sempre freschi, orsetti paffutelli, meravigliose creature, felicità incarnata…. Occhi nocciola, capelli biondi e ricci, espressione tenera e perennemente sorridente….. “I suoi gioielli”, nel vero senso della parola! Eccoli che dormivano beati: Sandro con le manine a pugnetti appoggiate sul cuscino e Stefano con i capelli più scomposti ed arruffati del solito. Li amava da impazzire! Non riusciva nemmeno a pensare la sua vita senza averli accanto. Ora che avevano iniziato a camminare erano proprio divertenti e quante ne combinavano insieme su e giù per il corridoio di casa! Tutta la sua vita trascorreva ormai nel proteggerli, ammirarli, baciarli, curarli…Uscì in punta di piedi da quella stanza e si decise a scendere sotto casa per la spesa. “Stanno dormendo beati –disse al marito- ogni tanto controllali. Io torno appena posso”. Prese l’ascensore ancora sorridendo al pensiero di quei due fagottini che si erano appena addormentati e che al ritorno avrebbe stretto e sbaciucchiato mille e mille volte ancora. Girò l’angolo ripassando mentalmente la lista dei prodotti da acquistare al supermarket. Si sentiva leggera e spensierata, tranquilla, appagata…Urtò senza volerlo contro un cumulo di cartoni accantonati poco lontano dall’ingresso del negozio. Imprecò e si fermò. Riprese a camminare ma sentì un gemito. Cosa aveva urtato? Si voltò, sospirò, decise di proseguire. E un altro gemito soffocato proprio dal cumulo di cartoni arrotolati e sistemati fuori una fila di cassonetti per l’immondizia. Ma cos’era? Un gatto? Un cagnolino infreddolito?
Si guardò attorno come cercando conferme, conforto, aiuto. Possibile che tutte le persone che entravano e uscivano dal negozio non avevano notato nulla? Ma poi era così sicura di quello che aveva udito? Trattenne il respiro, ascoltò… Era un pianto… pianto umano… di bimbo.
Cosa fare? Mettersi a rovistare in quei cartoni? Chiedere aiuto?Passò un ragazzino in bicicletta : “Mi fai un favore?” “Dite signò!” “Vieni con me, stammi vicino… guardiamo cosa c’è”
“Signò io devo andà….” Con la punta della scarpa provò a muovere i cartoni… capì che nascondevano una vecchia valigia di tela, chiusa da una cerniera. Si avvicinò, la toccò col piede, la spinse. Riprese quel gemito, sempre più stizzito e chiaro: era di un neonato. Un cucciolo d’uomo! Un bambino…. Ebbe paura, si sentì mancare, mormorò parole di stizza. “Ma chi ce l’ha messo? Brutti irresponsabili! E che faccio ora?”L’istinto era di scappare…. “E se muore?” Sarebbe stata complice di quell’orribile omicidio? Una macchia rosso scuro sulla tela della borsa la fece trasalire…. “E’ un neonato davvero! E sta male.. sta sanguinando…”
“Aiuto… Aiutatemiiiiiii” L’urlo isterico richiamò l’attenzione della gente: accorsero in tanti, qualcuno chiamò i carabinieri e la guardia giurata che sorvegliava una banca nei paraggi sfidò la paura di tutti e andò ad aprire quella borsa dei misteri. Il pianto si fece più chiaro e rauco… “O mio Dio è una bambina… ma chi diavolo t’ha messa qui dentro? Accidenti a quella disgraziata che t’ha partorito….” Era una bimba scura e insanguinata, raggrinzita e affamata….
La vide passare tra le braccia di un carabiniere e scoppiò in un pianto dirotto…
“Ma lei è una parente?” chiese qualcuno “No! Io passavo… io l’ho sentita gemere…Io non so nulla”. Piangeva a dirotto. Presero dell’acqua e la fecero sedere nel negozio… “Devo andare… grazie..scusate…scusate…” Corse via trascinandosi dietro lo sguardo severo di molti che ormai la credevano complice di quel tentato omicidio…“Ma come si può? –pensava- Ma chi ha avuto il coraggio di chiudere quella cerniera? Ma come si può?… Come si può?”Ripensava ai suoi gemelli… curati e amati e coccolati…. Ma il pianto disperato di quella creatura infelice le era entrato nel cuore… Avrebbe voluto dimenticare ma ne parò la Tv, ne scrissero i giornali, se ne discusse in casa e nel quartiere. Quando la vide nello schermo, che ciucciava tranquilla fra le braccia di un’infermiera non potè fare a meno di piangere. Era bellissima: una mulatta di due chili e duecento…ma con problemi di respirazione… superabili… forse. Pregò per lei, pregò per la madre che l’aveva messa al mondo e…per se stessa, per avere la forza di dimenticare.
Guardava i gemelli ridere e scherzare ma la felicità piena di qualche giorno prima si tramutava in una punta di dolore e…sospirava… e correva a stringerli per appagare quella sensazione di timore e di apprensione. Il quarto giorno lo disse al marito: “Sento sempre quel rantolo, quel pianto soffocato… e poi la vedo…nuda e insanguinata che esce da quella borsa… Cosa posso fare per dimenticarla?” “Ma non è colpa tua! Anzi! L’importante è che sia ancora viva. Qualcuno l’adotterà e si prenderà cura di lei”. Ma il suo dolore non si placava. Chiese aiuto al suo medico, poi ad uno specialista. “Lei l’hai salvata –le dissero entrambi- se la creaturina vive ancora è solo grazie a lei!” Poi la sognò, se la strinse al cuore e ne sentì il calore.
Aveva lo stesso profumo dei gemelli, la stessa purezza, la stessa freschezza e bellezza di quando Sandro e Stefano le sorridevano… Due bimbi felici, i suoi… ma come poteva esserlo ancora la loro mamma senza sentirsi egoista e irresponsabile? “Non l’hai abbandonata tu –disse un giorno il marito- tu l’hai solamente ritrovata, l’hai salvata…” Ma perché ritrovarla e salvarla per…abbandonarla di nuovo? Si vestì in fretta e corse all’ospedale, spiegò tutto alla caposala e finalmente la rivide. “L’abbiamo chiamata Speranza” dissero le infermiere mentre lei non smetteva di guardarla fra le lacrime. “La prenda in braccio, l’accarezzi…”
Nella tutina rosa a fiorellini Speranza, paffutella e graziosissima, sembrava davvero una bambolina color caramello. Dev’essere indiana o bengalese” disse qualcuno mentre la bimba si stiracchiava sorniona fra le braccia della sua nuova mamma. Qualche mese dopo, guardandola dormire nella culletta accanto ai lettini dei gemelli rimase colpita dalla strana somiglianza di quei tre cuccioletti che adorava. Ad occhi chiusi sembravano davvero fratelli: Sandro e Stefano coi loro riccioli biondi e la carnagione lattea e Speranza con la pelle color cuoio ed i capelli neri come l’inchiostro…

Nessun commento:

Posta un commento