La parola fiaba (dal latino fabula)
significa narrazione e ci riporta a storie di origine antichissima e misteriosa.
Le fiabe, che a prima vista possono sembrare racconti semplici e quasi
infantili, in realtà tramandano un patrimonio di saggezza e di conoscenze
comuni a popoli anche lontani fra loro e profondamente diversi. Questi
racconti meravigliosi sarebbero quindi l'espressione di una cultura che
accomuna popoli anche molto diversi tra loro, quasi che la fantasia e i
desideri dell'uomo si esprimano in maniera «simile» in ogni luogo e in ogni
tempo. Forse proprio per queste somiglianze, le fiabe, anche di epoche e
culture lontane da noi, continuano ad affascinarci e a sorprenderci.
Gli studiosi hanno cercato di capire quale origine possano avere le
fiabe, a quale esigenza, comune a tutti gli uomini, esse rispondano. Una teoria particolarmente affascinante è
quella elaborata dallo studioso russo Vladimir PROPP (1895-1970) che ha
individuato un legame tra la fiaba ed i riti di passaggio delle società
primitive di cacciatori. In età
preistorica questi riti simboleggiavano il passaggio dall'infanzia all'età
adulta attraverso il superamento di alcune prove, proprio come accade ai
protagonisti delle fiabe. Consideriamo ad esempio la partenza dell'eroe
con cui solitamente iniziano le fiabe. Secondo Propp, questa funzione
corrisponde presso i popoli primitivi allontanamento dei giovani dalla
tribù durante il rito dell'iniziazione. Che cos'è l'iniziazione? È uno
dei momenti più importanti all'interno della vita delle tribù primitive e
ancor oggi si svolge presso alcune tribù isolate del continente africano e
sud-americano. Il rito si celebra al sopraggiungere dell'adolescenza. Con esso
i giovani di sesso maschile vengono introdotti nella comunità, di cui divengono
membri effettivi; da quel momento in poi possono anche sposarsi. Durante un
periodo più o meno lungo i giovani vengono allontanati dai genitori e devono
dimostrare di poter cavarsela da soli all'interno della foresta, saper fuggire
i pericoli ed essere in grado di soddisfare i propri bisogni. Questo allontanamento,
presso alcune popolazioni, prende la forma simbolica di un «rapimento» ad opera
dello stregone del villaggio, travestito da serpente. Al momento della
partenza il giovane viene accompagnato dai consigli degli anziani oppure da divieti
particolari. Al giovane che sta per diventare un vero uomo vengono affidati dei
compiti, che servono a dimostrare il suo coraggio agli occhi della
tribù. Il giovane, prima di entrare nella foresta, invoca gli spiriti che la
abitano e porta con sé piccoli amuleti o totem, che raffigurano solitamente
degli animali i quali hanno la funzione di proteggerlo durante la sua impresa.
Durante l'iniziazione si ritiene che il fanciullo muoia alla vita «vecchia» per
rinascere come uomo nuovo. Subisce insomma la «morte temporanea» che viene
simboleggiata attraverso un seppellimento o addirittura delle mutilazioni,
come il taglio di un dito. I riti, celebrati nel folto della foresta, erano
circondati dal più fitto mistero. Spesso
ai ragazzi, condotti singolarmente in un luogo rituale, (al centro della
foresta c'è di solito una capanna, la grande casa dove si svolgono i
riti di iniziazione: per entrarvi bisogna conoscere una formula, uno
scongiuro, oppure compiere sacrifici e gesti particolari; la capanna e la
foresta sono i simboli del regno dell'oltretomba e chi vi abita, lo stregone,
ne è il custode) venivano presentate situazioni pericolose o che incutevano
paura; esperti stregoni somministravano loro sostanze speciali, con l'aiuto
delle quali gli iniziati vivevano esperienze di conoscenza di sé, dei propri
limiti, delle proprie effettive capacità nella resistenza al dolore. Dopo il
superamento delle prove, in cui aveva dimostrato coraggio, tenacia e capacità
di sopravvivere da solo, il ragazzo tornava al villaggio «trasformato»: era
diventato adulto e aveva il diritto di sposarsi. Il rito spiega dunque come
comportarsi, in che cosa credere, come chiedere l'aiuto di un'entità misteriosa
o divina. Superando le prove del rito, il giovane viene accolto nella comunità
e incomincia a partecipare attivamente alla vita sociale del villaggio e della
tribù. Anche nelle fiabe classiche il bosco è di solito un luogo misterioso e
pieno di pericoli, l'eroe deve superare difficili prove e spesso subisce una
trasformazione che gli consente di sposare la giovane per cui ha lottato. Con
il mutamento della società e delle abitudini di vita, questi riti non vennero
più celebrati, ma ne restarono il ricordo e la narrazione. Sarebbe proprio
questa, secondo Propp, la radice antichissima non solo delle più antiche forme
di teatro, ma anche dei miti e delle fiabe stesse.
Un altro studioso, Bruno BETTELHEIM (1903-1992), uno psichiatra
austriaco vissuto negli Stati Uniti, ha individuato nel mondo delle fiabe uno
specchio delle difficoltà psicologiche che ogni essere umano deve affrontare
per crescere, diventare se stesso, affrontare problemi e dolori. Le fiabe ci
comunicano, dice Bettelheim, «che una lotta contro le gravi difficoltà della
vita è inevitabile, è una parte dell'esistenza umana e che soltanto chi non si
ritrae intimorito, ma affronta risolutamente difficoltà inaspettate e spesso
immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine riuscire vittorioso. Le
fiabe ci pongono di fronte ai principali problemi umani.»
Questo spiegherebbe anche il fascino e l'attrazione che le fiabe
esercitano sui bambini di tutto il mondo.
Nelle fiabe essi vedono raffigurati fantasticamente i loro problemi, le
paure, la difficoltà di diventare grandi.
LE FUNZIONI DI PROPP
Vladimir Propp, ha
confrontato molte fiabe e ha scoperto che in tutte è presente un numero limitato
di motivi o temi fissi. Sussistono cioè personaggi o situazioni che esercitano
nel racconto funzioni precise. Queste sono l'impalcatura, la struttura di fondo
su cui viene poi costruita tutta la storia e inoltre si susseguono in modo
quasi sempre identico all'interno di fiabe anche molto diverse. Non in ogni
fiaba, comunque, sono presenti tutte le funzioni: talvolta ne compaiono solo
alcune.
Cominciamo dai
personaggi-tipo: Propp ne ha identificati sette.
1. L'eroe:
il protagonista della fiaba. 2. Il
falso-eroe: il personaggio che si sostituisce all'eroe per ottenere favori
o riconoscimenti immediati. 3.
L'antagonista: il nemico del protagonista, il
«cattivo» che ostacola l'eroe. 4. Il donatore: il personaggio che
fornisce all'eroe i mezzi magici per vincere l'antagonista. 5. L'aiutante: il
personaggio che aiuta l'eroe in diverse circostanze. 6. Il mandante: il
personaggio che manda l'eroe alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. 7. Il
ricercato: il personaggio che deve essere raggiunto, liberato, salvato.
Questi personaggi tipo non sono necessariamente tutti presenti in ogni
fiaba, ma soprattutto i più importanti, come l'eroe, l'antagonista o il
ricercato, possono essere ritrovati in moltissimi racconti.
Ecco ora uno schema delle situazioni ricorrenti (funzioni) identificate
da Propp.
1.Allontanamento
(uno dei mEmbri della famiglia si allontana, oppure muore). 2. Divieto
(si proibisce qualcosa all'eroe oppure gli si impone un ordine). 3. Infrazione
(la proibizione viene infranta). 4. Investigazione (l'antagonista cerca
di scoprire qualcosa o cerca informazioni sull'eroe). 5. Delazione
(l'antagonista svela un segreto). 6.
Tranello (l'antagonista cerca di ingannare l'eroe).
7. Connivenza-complicità
(l'eroe cade nell'inganno e favorisce involontariamente l'antagonista). 8.Danneggiamento(l'antagonista
provoca una sciagura o un danno a uno dei membri della famiglia; manca
qualcosa o viene il desiderio di
qualcosa). 9. Mediazione (la sciagura o la mancanza sono rese note;
all'eroe viene imposto un compito difficile; ci si rivolge a lui con una preghiera
o un ordine, lo si invia in qualche luogo). 10. Consenso dell'eroe. 11.
Partenza dell'eroe. 12. Prova a cui è sottoposto l'eroe. 13.
Reazione dell'eroe. 14. Fornitura del mezzo magico. 15.
Trasferimento dell'eroe. 16. Lotta tra eroe e antagonista. 17.
Marchiatura (l'eroe viene marchiato o reso riconoscibile con un segno sul
corpo). 18. Vittoria sull'antagonista. 19. Rimozione della
sciagura o mancanza iniziale. 20. Ritorno
dell'eroe. 21. Persecuzione
dell'eroe. 22. Salvataggio
dell'eroe.
23. Arrivo
in incognito a casa dell'eroe. 24. Pretese infondate del falso eroe.
25. Compito difficile imposto all'eroe. 26. Adempimento del
compito. 27. Riconoscimento dell'eroe. 28. Smasche-ramento del
falso eroe o dell'antagonista. 29. Trasfigurazione dell'eroe (l'eroe
appare trasformato).
30. Punizione dell'antagonista. 31. Nozze dell'eroe o
lieto fine.
IL
TEMPO E LO SPAZIO
| Una caratteristica costante della fiaba è la mancanza di indicazioni precise
in relazione al tempo e allo spazio. Il tempo, infatti, in cui si
svolgono le vicende è sempre indefinito, imprecisato.
Le formule consuete «C'era una volta...», «Tanti, tanti anni fa...»,
«Nei I tempi antichi...», «Una volta.;.», che rimandano a un passato lontano,
vago, indeterminato, rendono ancor più misteriose e fantastiche le vicende narrate e consentono al lettore di
proiettarsi in un «tempo che non ha tempo» e di dare largo spazio alla propria
immaginazione. La durata stessa delle vicende è spesso generica:
potrebbero durare poche ore, come tanti giorni o tanti anni. Anche i luoghi
delle fiabe sono generalmente presentati con povertà descrittiva, anch'essi
risultano indeterminati, perché ciò che più interessa nella fiaba sono
le vicende e i personaggi. Questa indeterminatezza, imprecisione, indefinitezza
contribuisce a creare un'atmosfera misteriosa, magica, fantastica.
IL LINGUAGGIO
Il linguaggio della fiaba è caratterizzato dalla presenza di:
• espressioni tipiche del linguaggio orale, quotidiano, informale.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che le fiabe erano racconti trasmessi
oralmente da una generazione all'altra.
• formule fisse iniziali e finali. (Ad esempio: «C'era una
volta...», «... e vissero felici e contenti»)
• elementi ricorrenti che si ripetono sempre uguali, facili da
tenere a memoria. (Ad esempio: formule magiche, filastrocche senza senso...)
• dialoghi frequenti che vivacizzano la narrazione.
• utilizzo di voci verbali coniugate al modo indicativo e al tempo
imperfetto (usato più frequentemente in quanto è quello che esprime meglio
l'idea di una azione passata, ma indefinita, non del tutto compiuta) passato
remoto (usato soprattutto per
indicare azioni passate accadute in momenti ben precisi) presente (usato nei dialoghi).
FIABE DELLA TRADIZIONE E FIABE D’AUTORE
I primi scrittori-raccoglitori
risalgono al Seicento.
• In Italia Giambattista BASILE (1575-1632) scrisse in dialetto
napoletano cinquanta fiabe tradizionali nel suo Lo cunto de li cunti o Pentamerone.
• In Francia, sempre nel 1600, Charles PERRAULT (1628-1703)
interpretò fiabe già esistenti scrivendo I racconti di Mamma l'Oca, tra
cui sono famose: Cappuccetto rosso, II gatto con gli stivali, Cenerentola,
La bella addormentata nel bosco.
• Un secolo dopo, nel 1700, si diffusero in Europa le famose fiabe de Le
mille e una notte, una raccolta proveniente dal mondo arabo, di cui
conoscerai la storia di Aladino e quella di Ali Babà e i quaranta
ladroni.
• Solo nel 1800, però, vi fu una diffusione straordinaria
dell'interesse per la fiaba e per la cultura popolare: fiorirono così raccolte
di fiabe tradizionali in moltissimi Paesi.
• In Germania i più famosi scrittori di fiabe sono, stati Clemens BRENTANO
(1778-1842) e i fratelli GRIMM, Jakob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859),
che raccolsero un gran numero di fiabe della tradizione tedesca, tra cui Hansel e Gretel, Pollicino o Raperonzolo.
• In Italia, Giuseppe PITRÉ
(1841-1916) studiò e raccolse le fiabe della Sicilia.
• Ai giorni nostri Italo CALVINO (1923-1985) ha racchiuso nel
libro Fiabe italiane, del 1956,il suo paziente lavoro di ricerca e
trascrizione delle fiabe scritte nei vari dialetti regionali del nostro Paese.
Molti scrittori si sono cimentati con il genere «fiaba», creando storie
che naturalmente si ispiravano alla tradizione, ma che avevano trame originali
e personaggi inventati. Tra i più importanti ricordiamo il danese Hans
Christian ANDERSEN (1805-1875), autore tra l'altro di II brutto
anatroccolo, I cigni selvatici, La principessa, sul pisello; il siciliano
Luigi CAPUANA (1839-1915); la toscana Emma FERODI (1850-1918);
l'irlandese Oscar WILDE (1854-1900).
Grazie mille per questo post. Sto scrivendo una tesi sulla fiaba, e l'argomento è talmente vasto che non sapevo nemmeno da dove iniziare. È anche grazie a te se sono riuscita a trovare delle linee-guida in modo da sbloccare il groviglio che avevo in testa. Grazie ancora!
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